C’è un orto, fuori da Magliana 80, comunità di recupero per tossicodipendenti nel quadrante sud di Roma. “Esiste, ma non su carta. Quando abbiamo provato ad adottare quest’area verde, il comune ci ha detto che non è censita. E quindi la gestiamo noi in autonomia”, racconta Germana Cesarano: è qui da sempre, ha fatto parte di quel gruppo di giovanissimi psicologi e psicologhe che “in maniera anche un po' arrogante, ha occupato un garage qui per farne un centro di recupero nel cuore dello spaccio”. Ora la memoria è affidata (anche) a piante e fiori. “Quell’albero ricorda una persona morta recentemente. Quel melograno un nostro operatore”.
“Oggi abbiamo servizi di prossimità, di bassa soglia, unità di strada, un notturno che purtroppo è stato chiuso, e due comunità, entrambe alla Magliana”, racconta Cesarano. L’ultimo nato è un centro per il gioco d'azzardo, insieme a servizi su prostituzione e tratta. Magliana 80 è la più antica comunità diurna gestita dalla cooperativa che porta lo stesso nome. Arrivano persone da tutta la città, a volte da tutta la provincia. “Sono invecchiata con la tossicodipendenza, e i tossicodipendenti sono invecchiati con me”, ricorda Germana Cesarano seduta alla sua scrivania nella sede del centro. “Se negli anni ‘80 avevamo giovani eroinomani, e quindi c’era un modello educativo che funzionava, adesso abbiamo giovani consumatori di pasticche, giovani fumatori di crack, cocainomani, e persone invecchiate. Nel 1992, quando abbiamo aperto la comunità, l'età media era di 23 anni. Adesso è di 40”. All’epoca erano praticamente tutti eroinomani. Oggi, al 90%, sono cocainomani.
L’eroina, comunque, non è sparita. “Più del 60% delle persone in carico ai servizi la consuma”, dice dalla Cnca Lazio Stefano Regio. Segue la cocaina. “E nei cocainomani c'è tipicamente un'associazione con l'alcol in forme più o meno problematiche”, aggiunge Lucia Santon dal Care. Frequente anche l'associazione con la cannabis, che magari deriva da consumi adolescenziali che si protraggono poi in età adulta con dipendenze vere e proprie. “E c'è poi un collegamento con una dipendenza comportamentale che è quella da gioco d'azzardo”.
Mentre il crack “trova sempre più accoglienza nelle fasce giovanili ma non solo, oggi parliamo di policonsumo: non si consuma una sola sostanza”. Né le sostanze “sono tutte uguali”, dice Regio. “Hanno livelli di tossicità e pericolosità diversi. Non bisogna demonizzare la sostanza, ma sapere che tutti i consumi portano livelli di problematicità e rischio, anche perché le sostanze vengono reperite nell’illegalità e non si è mai sicuri di cosa si sta consumando”. Ma “ogni condotta umana comporta rischi. L’importante è cercare, per ogni fattore di rischio, un fattore di protezione. Nei consumi l’evidenza scientifica individua diversi fattori di protezione, che vanno però programmati e implementati riconoscendo il problema che abbiamo davanti”.
L’Espad, ricerca sui comportamenti d’uso di alcol, tabacco e sostanze psicotrope legali e non, da parte degli studenti e delle studentesse di età compresa fra i 15 e i 19 anni, “dice che in quella fascia d’età almeno il 18-20% ha consumato nell’ultimo anno, circa il 10% ha consumato recentemente, più del 3% consuma in modo problematico”, prosegue Regio. La stima quindi si traduce in almeno 100 mila adolescenti che consumerebbero in modo problematico sostanze illegali. “Altre stime portano a dire che in Italia circa il 10% della popolazione, tra i 15 e i 64 anni, consuma”: quindi 4-5 milioni di persone. “Possiamo ipotizzare di avere 5 milioni di persone problematiche dipendenti da sostanza? Assolutamente no. Anche perché per contro abbiamo circa 570 Serd che nel 2021 hanno preso in carico 124 mila persone”. La stima del Cnca - “non scientifica, né esatta, ma costruita sul campo” - è che non più del 15% arrivi a un consumo problematico, ancora meno a una dipendenza.
“Nel tempo si è data troppa enfasi alle comunità residenziali, che sono tuttora un servizio indispensabile perché per determinati profili continuano a essere una risposta adeguata. Ma non per tutti”. Nel Lazio, per esempio, sono circa 14 mila le persone prese in carico dai servizi e 350 quelle in comunità.
Le comunità tradizionali poi, aggiunge da Magliana 80 Germana Cesarano, “sono molto selettive: non amano prendere le persone che hanno anche un problema penale”. Ma i due profili ormai, soprattutto per alcune dipendenze, coincidono. Un po’ per le modifiche di legge degli anni ‘90, un po’ “perché oltre alla tossicodipendenza da sostanza c’è una tossicodipendenza da galera e reati, che a volte è più dura da estirpare. Non è solo recidiva: è una dipendenza di stile di vita”. “Negli anni ‘90 l’errore era vedere l’ingresso in comunità come risposta, anche pompata, della legge sulla droga: un boom di ingressi senza filtro. È stato un fallimento enorme: è come dare a tutti l’antibiotico, mentre alcuni magari hanno bisogno solo di un’aspirina”, aggiunge Cesarano.