Lo stile versatile dell'architetto
Adolfo Coppedè (1871-1951), in mostra a Firenze: l'Archivio di
Stato ospita fino al 12 gennaio 'Tradizione locale e respiro
internazionale', esposizione che ufficializza l'acquisizione di
un consistente nucleo documentario dell'archivio Coppedè, già
depositato al l'Archivio fiorentino nel 1999 e acquistato dal
Mibact nel 2020.
Coppedè fu una delle figure di maggior rilievo
nell'architettura civile italiana della prima metà del '900.
Formatosi a Firenze principalmente nella bottega di intaglio
paterna, raggiunse la fama come architetto nei primi anni Dieci,
con i lavori per le sale del palazzo della Nuova Borsa di
Genova; proseguì poi senza sosta e con alterne fortune la sua
attività, sia in Italia sia all'estero, fino al 1937, quando si
ritirò. La mostra documenta la vicenda professionale di Coppedè,
a partire proprio dal lavoro nella bottega del padre Mariano, La
Casa Artistica, che gli diede modo di formarsi nel solco della
tradizione ebanistica fiorentina, ma anche di aprirsi al
contesto internazionale, grazie ai progetti realizzati per
importanti committenti esteri. Del progetto architettonico
relativo alla decorazione delle sale del palazzo della Nuova
Borsa di Genova si presentano per la prima volta i cartoni
preparatori delle vetrate e del lucernario del salone: cinque
disegni di grande formato oggetto di un recente restauro
finanziato dall'Archivio di Stato di Firenze. In generale, la
mostra rappresenta la versatilità stilistica di Adolfo e la
sapiente disinvoltura con cui trascorse, ad esempio,
dall'eclettismo, cifra dell'arte dei Coppedè, ai linguaggi più
marcatamente liberty, alle forme del razionalismo di cui è
esemplificativo l'imponente progetto (mai realizzato) per il
Palazzo del Littorio a Roma. La versatilità dell'architetto si
manifesta con evidenza nel suo lavoro a Firenze: la villa Pagani
Nefetti a Bellosguardo, il Teatro-giardino Alhambra, che sorgeva
nei pressi di piazza Beccaria; il Teatro Savoia, in seguito
divenuto noto come cinema Odeon; una monumentale galleria nel
centro storico di Firenze che gli costò una feroce stroncatura
da parte di D'Annunzio e rimase irrealizzata.
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