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Blakemore, siamo tutte connesse con la caccia alle streghe

Blakemore, siamo tutte connesse con la caccia alle streghe

La poetessa scrittrice in Italia con il suo romanzo d'esordio

ROMA, 13 dicembre 2023

di mauretta Capuano

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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A.K. BLAKEMORE, LE STREGHE DI MANNINGTREE (FAZI, PP 334, EURO 18,50)

 

Donne perseguitate, condannate a morte, tenute ai margini della società, costrette a combattere contro la miseria e l'abbandono, accusate di stregoneria, ma unite. Tra realtà e finzione, la scrittrice londinese A.K. Blakemore ci porta nel 1643 a Manningtree, cittadina della contea del Sussex, in Inghilterra, dove la caccia alle streghe, durante la guerra civile inglese, colpisce Rebecca West e sua madre e come loro tante altre donne denunciate, imprigionate, impiccate. Lo fa nel suo primo romanzo 'Le streghe di Manningtree', pubblicato ora in Italia da Fazi Editore, nella traduzione di Velia Februari e con il quale la poetessa e scrittrice è stata protagonista all'ultima edizione di Più Libri più Liberi a Roma.
    "Mi ha sempre appassionato molto la storia delle streghe, della stregoneria. Il romanzo è basato su fatti reali accaduti a Manningtree, dove vive mio padre e ho voluto approfondire questa storia spesso resa surreale e con eccessive esagerazioni" racconta all'ANSA la scrittrice-poetessa.
    Quali sono gli elementi di fiction? "Trattando i fatti di quel periodo, dovevo accettare che non ci poteva essere una vera obiettività. C'è sempre un mix di reale e fantastico. Il generale dei cacciatori di streghe Matthew Hopkins e il suo socio John Stearne, che operarono nell'Anglia orientale e nelle contee nell'orbita di Londra dal 1644 al 1646, contribuirono alla condanna a morte per stregoneria di un numero di donne che oscilla tra le cento e le trecento. Le streghe di Manningtree è la mia versione su ciò che è accaduto. Mi ha sempre attratta il lato più oscuro delle cose, le nostre paure, i film dell'orrore, le serie tv sui vampiri. Mi è sempre piaciuto immaginare storie di paura e mostri, anche per spaventare me stessa. Ci sono aspetti da brividi e divertimento".
    A Manningtree la giovane Rebecca vive in una casupola sulle colline, si trascina in un'atmosfera cupa con lo spettro della miseria che incombe, ma il suo cuore gioisce quando pensa allo scrivano John Edes. Tutto cambia quado in città arriva l'inquisitore Hopkins che fa strane domande alle donne più umili e disgraziate. Paure e sospetti cominciano a insinuarsi per le strade della cittadina quando un bambino si ammala e farnetica di congreghe e patti. Arriveranno il processo, le impiccagioni.
    "Sono femminista, mia madre è femminista. Essere così fa parte di quello che sono e della mia idea politica. In questo romanzo ho cercato di raccontare come la stregoneria e la caccia alle streghe siano basate sulla misoginia e sulla violenza di genere, ma non bisogna guardare al passato, perché il contesto in cui è accaduta la caccia alle streghe è unico e diverso da oggi. Si può vedere una certa continuità, è una tematica ancora attuale, ma ci sono tante differenze" sottolinea Blakemore che ha 32 anni. "Non vorrei che questo libro fosse letto come un'allegoria del mondo di oggi. Spero possa aprire gli occhi sulle paure, su nostri aspetti poco indagati. È la storia delle donne, perché tutte siamo connesse con la caccia delle streghe e tutte in qualche modo siamo legate a questo nel nostro albero genealogico".
    Vincitrice con questo romanzo del Desmond Elliott Prize per il miglior esordio del Regno Unito, A.K. Blakemore, nome d'arte di Amy Katrina Blakemore, è autrice anche di un secondo romanzo, 'The Glutton', uscito negli Stati Uniti e in Inghilterra a settembre, che "si basa su un personaggio realmente esistito durante la rivoluzione francese: Tarare, un soldato che era famoso per il suo enorme appetito, si mangiava qualsiasi cosa, vetro, conchiglie, un libro molto divertente".
    Film o serie in arrivo? "C'è stata qualche proposta per tutti e due i libri, ma non ne posso parlare" dice Blakemore che si divide tra la scrittura e il lavoro in ufficio. "Faccio ancora l'impiegata. La vita a Londra è molto cara. Ho scelto di firmarmi A.K. perché quando ho iniziato a scrivere non volevo che le persone al lavoro mi potessero trovare online e anche per mantenere separate le due identità. A.K. è colei che scrive e Amy Katrina è quella con cui si può uscire" dice mentre si tira su le maniche della camicetta e si vedono i tatuaggi che ha sulle braccia. Un terzo libro? "Quando si fa una cosa autentica come scrivere a volte è importante fermarsi. Ho comunque alcune idee e inizierò a breve. Due libri pubblicati a 32 anni è comunque un buon punto", afferma soddisfatta. 
   

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