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Fabio Stassi, curarsi con il poema di Dante
Divina Commedia, percorso da paura ai confini della beatitudine
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FABIO STASSI: ''E D'OGNI MALE MI GUARISCE UN BEL VERSO'' (SELLERIO, PP. 130 - 13,00 EURO). Nel fortunato volume del 2013 'Curarsi con i libri - Rimedi letterari per ogni malanno', fisico e psichico, a cura per i testi italiani di Fabio Stassi, di Dante e dei suoi versi non c'è traccia. Vero è che si tratta dell'edizione italiana, tradotta da Roberto Serrai per Sellerio, dell'originale inglese firmato da Ella Berthoud e Susan Elderkin. Quindi questo volumetto con al centro La Divina Commedia appare ora come una articolata appendice del curatore di allora che da quell'opera è rimasto segnato.
Basti pensare che ha creato, a partire da 'La lettrice scomparsa' del 2016, un personaggio di romanzi gialli, Vince Corso, biblioterapeuta: qualcuno gli parla del proprio male, nello spirito o nel corpo, drammatico o ridicolo, e lui consiglia un libro come medicina e, via via, si conquista una clientela, mentre lo prende un'intrigante curiosità per l'enigma del rapporto fatale tra la letteratura e la vita.
È l'enigma che indaga ora in queste pagine, scavando al centro della Commedia, sicuro, come afferma il Nobel Brodskij che la scrittura sia una pratica che non dà esperienza, ma fa crescere incertezza e panico, e contemporaneamente convinto di quel che afferma Saba in uno suo verso, messo anche da titolo al volumetto: ''E d'ogni male mi guarisce un bel verso''. Del resto il poema è la mappa di un viaggio cura col poeta, all'inizio, preda della paura, del panico e della malinconia, e alla fine invece par giungere nei pressi o al confine della Beatitudine, grazie alla terza rima, cantilena balsamica e prodigiosa. Siamo sulla linea degli antichi poeti, sacerdoti, maghi, taumaturghi capaci di creare un nuovo rapporto con la parola, che si fa musica attraverso la metrica ed era canto prima che scrittura, ''e quindi voce, e quindi fiato, cioè respiro, che è il primo verbo della vita''.
A questo punto, premesso che Stassi non sa se si possa ''estrarre una formula farmacologica della sua poesia, come in un bugiardino'', è sicuro che comunque la prima sostanza sarebbe la pietà, la compassione che Dante prova per i dannati, ecco che si passa a analizzare i rapporti dei suoi versi con vari malanni. Si va dai Disturbi del sonno, a quelli di cuore (e qui Beatrice ha certo un ruolo centrale), del linguaggio e della vista, al dolore, passando dall' amore disinteressato, che trova beatitudine nelle lodi alla sua donna, al complesso di Palinuro, quello che ha l'esule di rimanere insepolto in terra straniera.
Tutto tra tante citazioni, anche di poeti o esegeti contemporanei, in un discorso che può all'inizio avere anche un suo sottile filo ironico ma procedendo si fa coinvolgente, puntuale, attento, con un bel finale chiaro su poesia, libertà e storia.
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