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Christian Jennings, il coraggio di chi salvò gli ebrei

Christian Jennings, il coraggio di chi salvò gli ebrei

Nel volume 'Gli italiani e la soluzione finale'

ROMA, 26 gennaio 2024

(di Mauretta Capuano)

ANSACheck

Cover Jennings - RIPRODUZIONE RISERVATA

Cover Jennings - RIPRODUZIONE RISERVATA
Cover Jennings - RIPRODUZIONE RISERVATA

 CHRISTIAN JENNINGS, GLI ITALIANI E LA SOLUZIONE FINALE. CHI SI OPPOSE AI NAZISTI? E COME? (LONGANESI, PP, 267, EURO 22). Il primario del Fatebenefratelli di Roma, Giovanni Borromeo, che inventò una malattia infettiva altamente contagiosa, la Sindrome K, per salvare centinaia di ebrei dalla deportazione tedesca. Gino Bartali che consegnava messaggi ai partigiani tenendoli nascosti nella canna della sua bicicletta.
    Suor Riccarda, al secolo Mary Beauchamp Ambrough che ha nascosto intere famiglie in convento. Ha cercato le storie dei tanti italiani, spesso dimenticati, che con coraggio e determinazione hanno salvato la vita a molti ebrei lo storico e giornalista inglese Christian Jennings. È andato alla scoperta dei loro nomi e delle azioni incredibili che hanno compiuto, scavando negli archivi, attingendo a materiali spesso inediti in Italia, Germania, Vaticano, Svizzera, Regno Unito e Usa. Un grande lavoro di ricerca che è diventato un libro 'Gli italiani e la soluzione finale. Chi si oppose ai nazisti? E come?', appena uscito per Longanesi per la Giornata della Memoria, con 15 protagonisti principali tra i quali Riccardo Pacifici, Adriano Ossicini, Virginia Montalcini, Primo Levi, Clotilde Piperno e Augusto Segre.
    Come ha scovato questi materiali d'archivio, molti inediti? "La rete di oltre settanta musei e archivi storici del Paese dedicati alla Resistenza, all'Olocausto o alla guerra è straordinariamente utile. Ci sono diari di civili in tempo di guerra, documenti originali delle SS tedesche, registri partigiani, segnali operativi giornalieri degli inglesi o degli americani o dei canadesi o degli indiani, rapporti sui crimini di guerra e migliaia di fotografie originali" dice all'ANSA Jennings che attualmente vive a Torino e ha lavorato come corrispondente di guerra principalmente nei Balcani, in Africa e nei paesi dell'Ue.
    "In Italia la storia è commemorata bene, spesso e a fondo, e anche se è nel passato, sta sulle nostre spalle, vigila e incide profondamente sul presente" spiega lo storico- giornalista che scrive per 'The Economist', 'The Daily Telegraph' e 'Wired'. "Ho scritto altri tre libri di storia sull'Italia tuttavia, ho sempre la sensazione di toccare la punta di un vasto iceberg storico. Il Paese è stato ed è molto importante sia a livello europeo che mondiale: gli archivi americani, britannici, francesi, vaticani e tedeschi contengono centinaia di migliaia di pagine di documenti sull'Italia del periodo bellico" racconta Jennings. "L'indagine sugli archivi diplomatici e militari di città come Tokyo, Ankara, Helsinki, Berna, Zagabria e Lisbona, ad esempio, ha portato a risultati molto interessanti" aggiunge.
    Quali sono le storie che più la hanno colpita? "Per dodici anni ho assistito e raccontato di guerre, conflitti etnici, genocidi e delle loro conseguenze in Paesi come il Ruanda, il Burundi, il Kosovo e la Bosnia e ho visto come gli esseri umani possono reagire e talvolta trionfare in circostanze orribili. Tra le tante storie di questo libro che mi hanno sorpreso, rattristato, ispirato e colpito, ci sono quelle delle migliaia di italiani che hanno aiutato gli ebrei a nascondersi o a fuggire, e degli ebrei stessi". Tra queste: "la pietra d'inciampo lucidata a specchio all'ex alunna adolescente, Virginia Montalcini, fuori dal liceo Massimo d'Azeglio di Torino; le cartoline e i biglietti gettati dai treni di deportazione dell'Olocausto in stazioni come Verona, con gli ultimi messaggi scritti dagli ebrei italiani che venivano trasportati ad Auschwitz o a Mauthausen". Il prologo del libro è proprio 'Una cartolina dal treno' con l'ultimo messaggio scritto alla sua famiglia dall'ebrea italiana Wanda Abenaim, tradita da una soffiata.
    Jennings mette in luce l'intraprendenza e il coraggio risoluto degli italiani quando Hitler diede l'ordine ai suoi ufficiali di attuare la "soluzione finale della questione ebraica".
    "Vanno menzionati anche gli ufficiali tedeschi delle SS, corrotti e spesso incompetenti, che spesso erano più interessati a rubare proprietà e oggetti di valore degli ebrei che a svolgere l'orribile compito assegnato loro da Berlino".
    Come mai il coraggio di queste persone è poco ricordato? "L'Italia spesso commemora queste persone e questi eventi non tanto a livello nazionale, quanto a livello regionale e provinciale. Scrittori e giornalisti indagano sulle loro storie individuali, ma bisognerebbe continuare a farlo, per ricordarle ancora".
   

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