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Chiara Valerio, donne alla scoperta di sé

Chiara Valerio, donne alla scoperta di sé

Storia di un'avvocata che si interroga sulla morte di un'amica

ROMA, 11 marzo 2024

di Paolo Petroni

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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CHIARA VALERIO, 'CHI DICE E CHI TACE' (SELLERIO, pp. 280 - 15,00 euro)

Visto che di questo ultimo, bel libro di Chiara Valerio si parla come di un giallo, bisogna allora dire subito che qui non siamo davanti a una trama gialla cui è stata poi appiccicata una storia, un racconto, come spesso accade in moltissimi dei romanzi odierni, ma abbiamo una densa vicenda narrativa, una scrittura e una avvincente costruzione romanzesca per psicologia dei personaggi e ambienti, che ha anche un filo giallo, la ricerca della protagonista, l'avvocata Lea Russo, per capire le ragioni della morte della sua amica Vittoria che non appare naturale o solo un incidente, come è subito archiviato.

Il racconto infatti è un procedere di Lea alla scoperta degli altri e contemporaneamente, inevitabilmente di sé, man mano che si ricostruiscono vite e storie, per capire cosa sia successo e quanto i fatti e ognuno possa essere diverso da come sembra, perché la vita è mutamento, sorpresa continua. Un'inquietudine, un bisogno tutto femminile, perché gli uomini, compreso il marito di Lea o i ferrovieri con cui Vittoria gioca a carte, hanno poca consistenza. A Scauri, piccolo paese di mare del basso Lazio, non sfondo ma ambiente con una sua valenza, luogo natale e personale Macondo di Chiara Valerio (come confessava in 'Spiaggia libera tutti' del 2010), tutto scorre quotidianamente, accettato per quel che appare, senza interrogarsi davvero nemmeno su quel che incuriosisce ed è particolare, sino al giorno in cui Vittoria, "nuotatrice provetta, una che si tuffa in mare d'inverno e d'estate", viene trovata affogata nella vasca del bagno di casa tutto piastrelle nere lucide, quasi a dare subito una tinta e un presagio.

Vittoria, medico e erborista, è arrivata a Scauri da vent'anni, negli anni '70, vi lavora alla farmacia e ha comprato una casa dove, intestandogliela, è andata a vivere con Maura, molto più giovane, ma che non era sua figlia e, nessuno lo dice, ma tutti sanno senza volerlo rendere cosciente quale sia il loro rapporto di coppia. Le si vedeva sulla spiaggia, una spensierata, una più riflessiva: "Mara si scioglieva le trecce e ballava qualche passo avanti a Vittoria, con volte e giravolte, ecco, la natura di questa adozione, di questa presa in carico, non era più chiara", mentre Vittoria "faceva dondolare la stanghetta degli occhiali tenendola tra i denti".

"Di Vittoria sapevamo ciò che vedevamo", ovvero nulla, si confessa Lea, resa inquieta dallo scoprire che dell'amica che ha frequentato per anni non sa praticamente niente, non ha forse voluto sapere e ora si trova curiosa e costretta. Al funerale ecco che infatti compare un uomo, un avvocato anche lui, che tra l'altro difende un ragazzo che ha fatto del male a un altro difeso da lei, e che si rivela il ricco marito di Vittoria, che non rivedeva da anni ma da cui non si era mai separato legalmente. Si apre così anche una questione legata al testamento di Vittoria, in cui tra l'altro si cita pure un'ignota Rebecca.

Scopriamo così la vita di tutto un paese, chiuso nella sua cosiddetta normalità provinciale dalla cui bolla si esce solo mettendosi in forse, scoprendo che forse è tutto diverso, trovandosi quindi a porsi interrogativi e necessità di sapere che movimentano il racconto, lavorano su piccoli colpi di scena anche secondo stereotipi classici, ma vivificati da notazioni meno banali. C'è la scoperta di una Vittoria che aiuta i malati, "entrata a far pare della mitologia del paese", forse "da lei stessa indotta", e con una sua valenza seduttiva, il suo prenderla per la vita e tirarla a sé, con cui Lea si trova a fare i conti a posteriori scoprendo come Mara fosse di lei gelosa. Oppure il gesto spavaldo e intimo di Rebecca Lanza, vecchia amica di Vittoria, che, parlando con Lea appena conosciuta, le leva la sigaretta di bocca e se la porta alle labbra. E poi ancora il sociale, con Lea che ricorda come ai tempi in cui era ragazza "c'erano cose che i poveri, come ero io, potevano fare e che oggi non possono più fare", ovvero usare la capacità allora della scuola di essere ascensore sociale, mentre altre si facevano, ma non si potevano dire. 

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